scrivendo quello che penso, solitamente senza presunzioni, presupposti o supposti

Marzo 24, 2025

La filosofia teoretica, i blog e il prof di cinese

Filed under: Uncategorized — E @ 7:13 am

OK. spiego la situazione. Oggi mi sono alzato alle dieci di mattina ma non esattamente perché poi ho chiuso gli occhi e quando li ho riaperti erano le ore quindici. Pazienza, è domenica. Però sono quattro giorni (e ora cinque) che non riesco a dormire prima delle tre di notte. Sto provando le possibili soluzioni: se la tapparella è completamente socchiusa allora dormo bene, ma non riesco nemmeno a capire quando mi sveglio o se sono sveglio o se sono morto; se la abbasso parzialmente allora non dormo presto, perché a Torino c’è più luce di notte che giorno a causa di questi mitici lampioni che alle 0317 illuminano la strada a vari tizi provenienti da piazza Vittorio, imbevuti – nelle serate più tranquille – talmente tanto di alcool denaturato che se vanno al mcdonald’s di Palazzo Nuovo potrebbero vomitarci dentro e sgrassare tranquillamente il lerciume più orrido mai visto su un pavimento, tale che ci studiano i batteri bio-resistenti su quel pavimento. E inoltre mi sveglio prima a causa della luce. Se non si è capito le tapparelle parziali sono fuori considerazione e quel mcdonald’s mi fa schifo. Poi camomille, tisane, valeriane sono fuori – anzi, la valeriana mi ha svegliato pure. La melatonina funzionava e metteva KO ma dopo un poco anche quella è diventata inutile. Allora va bene così, oggi si prova una nuova variante, niente calmanti e serranda alzata completamente. In questo modo, anche se dormo tardi mi sveglio relativamente presto.

Ad aprile c’è la sessione di recupero, e i miei recuperi sono Logica e Filosofia teoretica. Logica è scontata: solamente qualche imprecisione da aggiustare, il lavoro doveroso è su Filosofia teoretica, da 12 CFU. Il mio corso è improntato sull’ontologia contemporanea e sul pragmatismo, nonostante essendo al primo anno di triennale. È il corso A. Il corso B è improntato su… non l’ho capito bene:

“Benjamin contra Heidegger, dunque. La contrapposizione dei due autori ci consente di fare il punto su alcuni gesti fondamentali della vita e della filosofia: fissare, salvare, lasciare andare. In sede di presentazione teorica sarà esaminata la proposta filosofica di Ugo Perone circa il nesso di memoria, storia e ontologia. Tale proposta fornirà un aiuto concreto per orientarsi «in quel lungo viaggio di resistenza che è la storia».”

Accattivante, ma al primo anno di Filosofia, tre storici ma frammentari come Heidegger, Nietzsche, Benjamin? L’esame scritto col testo preparato da casa, e con le opere sotto consentite alla prova? Per me finisce che in un ora al massimo componi l’ermeneutica del sigillo del Grana Padano DOP. Ma probabilmente non è come dico io, e comunque è solamente la mia impressione. Se ti ho offeso allora chiedo perdono, ma d’altronde puoi anche chiudere il sito web. È tranqua.

Tornando alla roba di mio interesse. Il primo modulo ha una monografia, curata dalla prof.ssa e ovviamente venduta dalla Carocci a 50 euro. Quando ho detto che era solo sull’ontologia ho mentito: i capitoli da studiare sono quelli sulla ontologia, epistemologia, filosofia della mente e sull’estetica. Il primo capitolo è palesemente accorciato, e su questo ci torno dopo. Il secondo è inversamente devastante rispetto al primo: possiede la stessa sintesi ma per questo è schematizzato asetticamente, cosa che non si esperisce leggendo direttamente la letteratura primaria. Il terzo è interessante e stranamente anche scritto bene. Il quarto (sull’estetica) mi ha confuso: sono circa 70-80 pagine, tuttavia hanno una densità bibliografica tremenda. Se non è citato perifericamente un filosofo allora viene menzionata una opera d’arte, e io che diamine ricordo di arte ormai! A malapena, le opere d’arte che mi ritornano sono il cristiano disegnato con quattro braccia e gambe, la statua dell’atleta che tira il disco (che classicista che sono) e la donna nuda sul mare. Vedo questo malloppo intenso di critica dell’arte, ricordo che la prof che appura l’esame è una filosofa dell’arte e penso che va bene così, mi leggo una monografia che è più lunga ma meno densa. Scelgo Il primo libro di estetica di Pinotti, editore Einaudi. Ci sono tutti i concetti, c’è solo un problema: è più lungo, quindi cita persino più opere. Ma va bene così, inoltre è interessante, credo di averne letto la metà in un giorno, mi ha lasciato molto sulla filosofia dell’arte. È un successo.
Come accennato prima, invece, la monografia che oggi ha rimpiazzato il capitolo di ontologia è  Parole, oggetti, eventi e altri argomenti di metafisica di Achille Varzi. Lui l’ho conosciuto in persona, quando stavo ancora al liceo. Varzi insegna al Columbia ed è logorroico quando ha l’opportunità di parlare in italiano (ammesso da lui stesso), probabilmente perché non ha un blog pazzo come il mio dove potrebbe  tirare i peggio periodi insensati nello sciacquone.  Si occupa di mereologia e di tutto quello che ha a che fare con entità negative come i buchi, le omissioni o come tutte le mancate scelte giuste che dovrei aver compiuto durante la mia vita fino ad adesso, incluso il continuare a scrivere qui invece di chiudere gli occhi. Siccome parliamo di entità ed eventi negativi vi tiro un anche un controfattuale: senza Varzi i filosofi italiani sarebbero indubbiamente stati dei dinosauri per molto più tempo, perché è lui che ha sdoganato e tradotto maggior parte del dibattito contemporaneo in Italia. Se ricordo, è cugino di secondo grado a un pilota omonimo, che morì in pista. È certamente interessante.

Iniziai il libro ieri. Ha una copertina gialla, come molte monografie nuove della Carocci, avevo spaginato al liceo una edizione vecchia, fisicamente più larga, meno alta e che indossava una copertina di colore diverso (blu scuro). Oggi ho continuato, ho staccato il cellulare e l’ho lasciato in camera, sotto una felpa nell’armadio. (Se studio è importante che lo nasconda sotto i vestiti, se lo lascio spento sulla scrivania non è la stessa cosa, mandami pure al manicomio ma è così.) Sono state tre o quattro ore di lettura troppo leggere, non va bene, bisogna ingranare, passano due settimane e mi ritrovo davanti alla prof.ssa che mi chiede tutta questa roba, chissà cosa si aspetta, all’appello si sono iscritti solamente in otto. Ho notato rapidamente la repentina curva di difficoltà della lettura: i primi due capitoli sono facili, quasi eccessivamente verbosi. Ma al terzo inizia a spiegare la trope theory e poi inizia il diverbio sull’identità tra eventi. Si inizia molto velocemente ad analizzare le teorie metafisiche tramite enunciati esemplari, tanto che se esiste ancora la tomba di Giulio Cesare, allora vi dico che ogni metafisico analitico dovrebbe andarci in pellegrinaggio almeno una volta nella vita come gli islamici fanno alla Mecca: perché se Bruto non avesse pugnalato quel povero disgraziato allora questi dannati (Quine, Davidson & cara compagnia) non avrebbero fatto una lira di metafisica per anni!!

Finita la spinta del quinto caffè smetto di leggere, anche dalla stanchezza che la moka porta col ripetitivo ciclo svuota-riempi-aspetta10mindavantifornello. Dopo cena, sapendo che non sarei andato a dormire presto, invece di cazzeggiare col cellulare decido di continuare a leggere, ma stavolta invece del caffè prendo una Moretti, quella buona filtrata a freddo, era premeditato: avevo impostato il frigo a sette (tanto di notte anche se lo setti a 1 fa sempre più rumore del motore rotativo di una mazda rx 7) e ci avevo messo pure il bicchiere dentro. La birra è stata utile, perché comunque non avrei completamente afferrato tutto il dibattito – ampiamente illustrato dialetticamente – tra i filosofi A e B, anonimi, spietati punitori insolenti delle mie meningi. Meningi non totalmente attive, vista l’ora che si era fatta. Però a forza di guardare le pagine credo di aver capito il nucleo dell’argomento. Il legame tra semantica, intensionalità e metafisica. Poi, se all’esame incalzerà troppo e non saprò meglio, mi spiegherò ulteriormente a lume di naso, sventolando le mani all’aria: è proprio quello che i filosofi fanno quando non hanno altre alternative convenienti.

Il colpo da KO è stato quando Varzi, parlando delle conseguenze semantiche dell’identità tra due eventi (o oggetti), narra uno scenario in cui c’è un tizio che fa cadere il suo panino al prosciutto. L’amico del tizio assiste all’incidente e lo consola dicendogli:

– “Dai, il panino poi non è così grave”

– “L’incidente non si è nemmeno sporcato”

– “Stamane l’incidente era nel frigorifero”

Allora avevo capito di aver capito perché sono quasi scoppiato a ridere, alle due di notte in auletta studio. Ho quasi sputato la birra, che è molto triste.

Tornato in camera mia, ho spento le luci e mi sono infilato a letto, iniziando a scrivere questa enorme catastrofe letteraria. Veramente da farsi cavare gli occhi. State sempre attenti a cosa leggete, leggete responsabilmente e non leggete prima di guidare.

Col tempo anche la scrittura si calibrerà, ma la liberazione del scrivere quello che si vuole è paradisiaca. In questo spazio non devo incastrare ogni termine, non devo depotenziare tutto tale da prevenire contro-esempi, refutazioni o altre cose simili. Non devo nemmeno argomentare perché penso quello che penso, se non lo voglio fare (non farlo sarebbe troppo noioso, tutto resta che ognuno abbia i propri tasti dolenti). La migliore di tutti, non devo far passare il testo attraverso la correzione di qualcuno, cosa che cerco sempre di fare, nonostante comporti tanta vergogna per chi scrive, e doppio del disagio per chi legge. La scrittura è una produzione passiva: non proietto o impongo quello che dico su nessuno, e nessuno deve sentire per forza quello che dico.

Con la libertà della forma c’è l’impiccio del contenuto. Non so cosa scriverò, a quale livello di confidenza o altro. Definitivamente cercherò di non parlare esplicitamente degli altri, per rispetto della loro privacy. Per la verità non penso di espormi troppo. Vedremo.

L’idea viene per causa del mio prof liceale di lingue, insegnava cinese e io ero pessimo, non era proprio nei miei interessi, né parte delle mie predisposizioni, ma sono estremamente felice di averlo conosciuto, il rimpianto non è sull’aver non studiato il cinese, ma sul non avergli dato quella soddisfazione che potrei avergli dato. Pazienza, alla fine non c’è niente di personale, è il suo lavoro. ne vede mille di come me. Anche lui ha un sito suo, dove pubblica foto, ha roba dal 2006, quando era perennemente infoiato con le ragazze coreane: ha conseguito un dottorato a Pechino ed è proprio da quel periodo che il suo blog inizia. È lodabile per tre motivi: il primo è che ha scritto quello che gli pare, sbattendosene gloriosamente del resto; il secondo è l’aver scelto di condividere le sue esperienze, per gente come me, che ha preso il treno per la prima volta forse a 18 anni; la terza è che, anche dopo venti anni, mantiene tutto online. Evidentemente non ha niente di cui vergognarsi.

E anche oggi ho scritto una massa di cazzate: ma se stai leggendo, allora sai dove hai cliccato. Certamente, oggi andrò a dormire presto, perché ho sentito gli uccellini ed è giorno. Sono le ore 0640.

 

24 marzo.

Affetto per chi legge

E

 

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