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Marzo 31, 2025

I filosofi usano le sostanze

Filed under: Uncategorized — E @ 5:30 am

Quando parliamo di oggetti o entità solitamente facciamo uso dei loro modi di essere. Quando mi piace una ragazza posso dire che è per via del suo modo di essere. Sì, è romantico, ma dice tutto e niente perché il modo di essere è funzione di molte cose. Magari è perché è bella o perché è simpatica o per gli occhi belli che lei vanta– può essere per tutti e tre i motivi ma non sarebbe lo stesso modo d’essere se aggiungiamo che preferisce il rosso al verde o altre cose.

Inoltre, il modo di essere non è sempre funzione intrinseca della realtà ‘esterna’: gli snob illuministi dei teatri e dei saloni europei dicevano che la «raison d’être» di Don Juan fosse le donne. Significa che nel 1600/1700 un ragazzo sciupa-uomini sarebbe stato il prossimo impiccato mentre un donnaiolo sarebbe stato un eroe della letteratura spagnola, un uomo scontroso coi costumi divini e umani e occasionalmente pentito (secondo certe tradizioni letterarie) o altre cose del genere; ma tutto questo è un fatto di valori, un modo di essere determinato pragmaticamente, perché fuori dall’Europa magari poteva valere il contrario, ovvero Don Juan se amante di uomini e cappio se di donne. Diciamo che il ruolo di Don Juan nella letteratura era la conquista romantica, la sua funzione: quella che i filosofi antichisti chiamano virtù prestazionale. Quindi il modo d’essere di Don Juan è l’essere conquistatore, anche se «l’essere conquistatore» non possiamo toccarlo con le mani, scrutarlo con gli occhi, udirlo, eccetera.

Come ben sappiamo, ai filosofi non piace tutta questa pluriformità. O meglio, la gradiscono quando è risultato della nostra realtà ma se parliamo della struttura della realtà allora non l’accettano. Deve esserci qualche principio che ci consente di descrivere un’entità in modo soddisfacente, considerevolmente di tutte le cose che possono impattare su di essa. Di fatto, è importantissimo circoscrivere la struttura di un’entità, perché altrimenti saremmo impossibilitati nel parlare come riusciamo a fare: invece di “ragazza bella” dovrei dire che si chiama Tizia o Caia, che ha gli occhi di un colore, che è così e cosà ma non così o cosà, descrivendola fino all’ultima particella. E se fosse così allora cosa sarebbe Don Juan? Se non lo circoscriviamo in qualche modo allora mandiamo tutti i letterati a fare la gavetta perché il loro parere è completamente inutile: Don Juan non esiste perché non è fisicamente concreto e dunque quello che dici su Don Juan è indubbiamente falso.

Fortunatamente non è così. D’altronde, se mandiamo i letterati a fare la gavetta per questo allora i filosofi li dobbiamo massacrare.  Perché dobbiamo? Perché, al contrario, mentre i letterati asseriscono sulla fonte delle loro asserzioni (la narrazione di persone, una opera letteraria…), i filosofi asseriscono sulla realtà partendo da un modello astratto di essa: significa che si parte da un modello approssimativo. Non credo di aver detto qualcosa di fuorviante, gli unici obiettori all’approssimatezza dell’astrazione sono i filosofi idealisti, che credono alla realtà puramente come prodotto dell’intelletto (i non-realisti).

In questo caso,  l’astrazione che riguarda Don Juan e la ragazza bella è denominata con vari termini d’arte. Alcuni dicono «sostanza» mentre altri cantano «entità strutturata»: “sostanza” ha un ricalco aristotelico-tomistico e si riferiva a qualcosa che esisteva in sé stesso e non in qualcos’altro (ovvero non esisteva accidentalmente). D’altra parte invece “entità strutturata” sembra avere una connotazione più laica. Non posso dissertare sulla terminologia perché non ho letto abbastanza a riguardo, ma direi che “sostanza” ha una connotazione ontologica, mentre “entità strutturata” è per la metafisica pura e dura. In questo senso allora le sostanze sono delle entità strutturate. Esistono altre entità strutturate, come gli artefatti (il mio computer), le proposizioni (che sono nella mia mente, ma non secondo tutti) o gli stati di cose che danno verità alle proposizioni (ma non secondo tutti). Esistono anche entità astratte che fanno tremare le mani ai metafisici, come i quadrati rotondi (forse), gli eventi (quasi sicuramente) e Dio (ma non lo verificheremo mai veramente e saremmo già tanto fortunati se potessimo saperlo dopo la morte), e anche queste sono strutturate. Quindi esistono strutture e strutture: strutture per entità composte o meno, astratte o concrete, eccetera. Una struttura è uno schema concettuale prodotto dall’analisi di una entità, ossia qualcosa secondo un certo grado di particolarità.

Il primo accorgimento è che, analizzando la struttura di una entità composta, si individuano delle parti ordinate secondo un criterio di ordinamento, e le parti si identificano con la struttura in virtù di questo criterio: una falciatrice ha le lame prossime alla superficie inferiore, il motore è collegato alle lame, eccetera. Se andiamo dal Sole verso la Terra allora l’entità falciatrice sarà correttamente ordinata, con le maniglie che precedono le lame e così via. Ma le parti possono anche ripetersi: una automobile ha quattro ruote, le ruote hanno più bulloni. Se le ruote hanno questi bulloni allora l’automobile è una entità stratificata: le ruote sono direttamente parziali all’automobile, ma senza i bulloni non ci sono le ruote, quindi i bulloni partecipano a quella struttura indirettamente. Se appartengono indirettamente, allora fanno parte della stessa struttura ma non del medesimo strato. Significa che la struttura dell’entità è composta in strati di parti ripetute di più o meno.

Tuttavia, c’è una sottile imprecisione. Se pensiamo di poter analizzare tutto con tali termini strutturali allora siamo costretti a divergere rapidamente dalla realtà normale. Ti ricordi quello che avevo detto su Don Juan? Ti sto spiegando questa roba quindi non pensare di esser ancora salvo. Dobbiamo salvare i letterati e i filosofi e se stai capendo questa roba allora sei un filosofo, altrimenti sei un letterato, non hai scampo. Le strutture godono del concetto di ruolo, i ruoli si trovano quasi sempre quando si analizzano gli artefatti perché solitamente ogni parte di un artefatto ingegnerizzato è stata inclusa nella produzione di esso al fine di svolgere una funzione specifica e di conseguenza la riconosciamo nella nostra analisi strutturale. Ad esempio, quegli agglomerati rotondi di gomma che troviamo sotto le auto si chiamano «ruote» perché il loro ruotare sulle vari superfici permette il movimento a quello che c’è sopra: le ruote fanno parte della struttura dell’automobile per via del ruolo che giocano nell’entità composta. Anzi, c’è un filosofo (Kit Fine) che dice che gli altri tre aspetti caratteristici delle entità (ordine, ripetizione e stratificazione delle parti) riguardano primariamente i ruoli strutturali e non le entità che ricoprono tali ruoli, nel senso che senza i ruoli non esisterebbero le strutture. Significa, magari, che ordine, ripetizione e stratificazione fanno parte delle strutture metafisiche solamente perché possiamo “liquidarli” in modi diversi, e quindi perché assumono ruoli diversi? Allora le strutture metafisiche sarebbero completamente riducibili a ruoli, sotto-ruoli e così via (Fine non dice questo, è un mio pensiero). Stiamo introducendo qualcosa di concettualmente pericoloso per il nostro bel schema, ma il concetto di ruolo è indispensabile per dare ordine alla realtà. Ad esempio, riconduciamo una somiglianza di famiglia tra i veicoli e le automobili perché svolgono lo stesso ruolo, ma il concetto di veicolo è più generale, benché abbia sempre a che fare con lo spostamento di cose tramite i principi della meccanica. Quando voglio testare la sicurezza di un sistema informatico, ci smanetto: cerco di rompere qualcosa. In base a come e cosa rompo, riesco a dissezionarlo tramite l’ingegneria inversa dei ruoli, perché una cosa si rompe quando una delle sue parti non svolge la sua funzione. Funzionasse così la vita in generale, magari…

Sulle strutture devo dire alcune nozioni ulteriori che non posso snocciolare con dovere opportuno, altrimenti vi dovrei spiegare anche cosa è la mereologia e altri tanti smazzi. I filosofi sono d’accordo sul principio dell’estensionalità delle parti proprie, che dice che due entità composte sono identiche se e solo se hanno le stesse parti proprie. Se questo è vero, allora la struttura di un’entità non determinerà mai la sua identità rispetto ad altro, né i suoi criteri di esistenza. Ma dipende tutto dalla posizione mereologica che si difende: nel caso nel nichilismo mereologico non esistono composti; per l’universalista, invece, qualsiasi pluralità di entità genera un composto. In entrambi i casi, la struttura non incide sul criterio di esistenza, che è invece delegato al problema della composizione mereologica. Chi vuole far emergere dalla struttura stessa una entità invece di un’altra, o deve difendere una forma di restrizionismo mereologico o deve rifiutare l’estensionalità delle parti proprie. Per via di tutto questo, gli universalisti impiegano le strutture per studiare le entità, i restrizionisti le usano per prescrivere la loro metafisica, i nichilisti sono costretti a non riconoscere la loro utilità: niente ha parti proprie quindi niente è organizzato secondo ordini di parti. A loro servirebbe una revisione radicale delle strutture.

 

Come si può intuire, le strutture definiscono i generi degli individui che fanno parte della realtà (le entità strutturate). Tutte le falciatrici hanno la struttura della falciatrice, e i gatti quella del gatto. Ora bisogna fare un salto di qualità, perché vi devo spiegare come due entità strutturate possano condividere la stessa struttura senza essere identiche. I metafisici aristotelici trattano queste entità variegate come sostanze, secondo ilemorfismo. L’etimologia del termine «ilemorfismo» si riconduce alla legna (quindi alla materia) e alla forma. La forma ora noi la intendiamo come abbiamo parlato delle entità strutturate. Esistono forme teleologiche, che si riconoscono in termini di ruoli strutturali, e forme strutturali, che invece si riconoscono con l’organizzazione delle parti. Ma il problema delle sostanze e delle entità strutturate è che la forma può essere vista come una parte speciale: ad esempio, la forma dell’automobile è nella relazione con lo sterzo di assegnare un certo ruolo nell’automobile, e la parte formale è in analoghe relazioni con tutte le altre parti rimanenti dell’automobile. Allora si manifesta l’esigenza di spiegare il complesso di relazioni che connette la forma specificatamente alle parti rimanenti: non riusciamo ad individuare definitivamente il principio formale dell’automobile e rischiamo di moltiplicare la quantità di forme speciali dell’automobile stessa; lo sterzo è così perché le ruote sono così e perché il telaio è cosà e così via per qualsiasi altra parte dell’auto, sviluppando una rete infinita di relazioni inutili, sempre tra lo sterzo e qualsiasi altra parte propria; dopo aver stabilito le relazioni tra lo sterzo e le altre parti, introduciamo una altra parte alla struttura tale da giustificare il nesso tra la forma e le altre parti, una meta-forma, ma dovremmo ripetere lo stesso procedimento per la meta-forma, e così via all’infinito, trivializzando la struttura interna dell’entità. Gli sviluppi recenti consistono nel negare l’appartenenza della forma alla sostanza e definirla proprio tramite un modello di quella rete relazionale che ho appena accennato. È per questo che Kit Fine introduce alla struttura i ruoli istanziati internamente. Invece, alcuni aristotelici dicono che la forma è un principio di unità immanente e non una parte della sostanza in primis.

Nell’ilemorfismo contemporaneo si parla raramente di materia: la si identifica con le parti proprie che organizziamo. Ma c’è da segnalare che esistono degli ontologisti che studiano la «materia non contabile»: l’acqua, l’aria, il sale e altre cose del genere. Questo campo di ricerca si chiama stuff ontology. Inoltre, c’è un filosofo, Theodore Sider, che pone il metodo strutturale al centro della metafisica – è la cosiddetta svolta iper-intensionale o post-modale. Riguardo questo, si consiglia la lettura di The Tools of Metaphysics and the Metaphysics of Science, Oxford University Press 2020.

 

Mi dispiace ma non riesco a spiegarlo meglio, magari tra qualche giorno ci riuscirò.

Intanto, ho scritto questo. 31 marzo, ore 0506.

Ringraziamenti a Don Juan e alla bella ragazza, ma soprattutto a chi ha letto pazientemente questo abominio.

 

E

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